“È morto il miliardario sbagliato”
Daniele Luttazzi, in occasione della scomparsa di Gianni Agnelli.
Chi mi conosce sa che tra figli, lavoro e fastidi di salute non mi resta molto tempo per scrivere. Chi non mi conosce ma è capitato qui, può presumerlo dall’esiguità degli ultimi interventi.
Ci tenevo però a dire due cose sull’affaire Debora Billi; o meglio, qualcosa su di me.
Conosco Debora da parecchi anni, anche se ci siamo incontrati di persona solo due volte. L’ho sempre giudicata un po’ impulsiva, ma devo dire che spesso questa si rivelava una caratteristica di valore: nel giro collegiale di ASPO i suoi spunti servivano di stimolo alla riflessione.
Raramente le sue provocazioni erano di carattere negativo.
Se c’era un aspetto su cui non mi trovavo d’accordo con lei – e abbiamo avuto modo di esplicitarlo – era un suo luddismo che emergeva qua e là, tra l’altro neanche troppo argomentato.
Bene: io penso che Debora abbia fatto un grosso errore. Professionale: mi rifiuto di credere che si augurasse davvero la morte di qualcuno.
Ma credo pure che si debba capire l’atmosfera in cui viviamo. E riconoscere la responsabilità di Grillo nell’aver creato un ambiente e una subcultura in cui è più facile che certi incidenti succedano.
Beninteso: non da zero, ma nella palude di un paese in cui l’insulto e il linciaggio mediatico erano già pratica comune presso quelli che di Grillo e del M5S sono avversari e che ora, in modo sicuramente prevedibile e non del tutto illegittimo, vanno maramaldeggiando.
Ripeto: la responsabilità personale di Debora resta pienamente sua.
Ma quando sento tanti dire “A me non succederebbe mai”, metto mano alla pistola. Soprattutto se non si tratta di professionisti della comunicazione.
A me forse, nelle situazioni “propizie”, di scrivere qualche cazzata potrebbe capitare. È anche per questo che detesto i social, sebbene ogni tanto ci sguazzi.
(continua)